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Oltre i 35 gradi? Il lavoro si ferma | Il nuovo REDDITO DA AFA è realtà, l’INPS lo conferma

Caldo torrido
Caldo torrido – pexels – salernosera

In un’estate segnata da temperature roventi, arriva una novità importante per moltissimi lavoratori italiani: è ora possibile accedere alla cassa integrazione quando il caldo diventa insopportabile.

L’INPS ha infatti chiarito, con un messaggio pubblicato il 3 luglio 2025, che le aziende possono attivare la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria – o altri strumenti simili come il FIS e i fondi bilaterali – anche in caso di temperature elevate che impediscono lo svolgimento normale del lavoro. È una misura che punta a proteggere la salute di chi lavora in condizioni difficili, soprattutto all’aperto o in ambienti non climatizzati.

Finora, la cassa integrazione veniva concessa per eventi straordinari come crisi aziendali, cali di commesse o eventi atmosferici estremi come piogge o neve. Ora, invece, anche il caldo diventa un fattore legittimo. Non serve nemmeno che la temperatura effettiva superi i 35 gradi: conta anche quella “percepita”, che può risultare molto più alta se si lavora sotto il sole, vicino a macchinari caldi o indossando dispositivi di protezione individuale. L’INPS acquisisce direttamente i dati meteorologici ufficiali, quindi non è necessario allegare bollettini.

Possono beneficiare di questa misura i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti e i lavoratori agricoli, ma sono esclusi i dirigenti. L’azienda deve valutare attentamente la situazione e, se ritiene che il caldo renda pericoloso o impossibile lavorare, può sospendere l’attività e inviare la richiesta di cassa integrazione.

Serve una relazione tecnica che spieghi le motivazioni, elenchi i lavoratori coinvolti e descriva le mansioni sospese. Questa documentazione può anche essere firmata dal Responsabile della Sicurezza aziendale, e l’informativa ai sindacati può essere inviata anche successivamente all’avvio della sospensione, data l’urgenza della situazione.

Una durata piuttosto lunga

Le attività più coinvolte sono quelle nei cantieri edili, nei lavori stradali, nell’agricoltura e in generale tutte quelle mansioni che si svolgono all’aperto o in spazi senza climatizzazione. Anche chi lavora in capannoni, officine o serre può rientrare nella misura, soprattutto se usa attrezzature che aumentano la temperatura corporea. Il datore di lavoro, però, deve dimostrare che non è possibile adottare misure alternative – come il cambio d’orario, l’uso di ventilatori o pause aggiuntive – prima di ricorrere alla sospensione.

La durata della cassa integrazione per temperature elevate può arrivare fino a 13 settimane consecutive, con possibilità di proroga fino a 52 settimane in un quinquennio. L’indennità copre l’80% della retribuzione persa, nei limiti stabiliti annualmente. È importante sottolineare che la stessa azienda non può richiedere contemporaneamente due tipi diversi di integrazione per lo stesso periodo e per gli stessi lavoratori.

Dipendente
Dipendente – pexels – salernosera

Novità per i lavoratori stagionali

Un’ulteriore novità riguarda i lavoratori stagionali, che potranno accedere alla cassa integrazione per caldo senza che le ore siano conteggiate nel monte ore massimo. Questo dettaglio è fondamentale per settori come agricoltura e turismo, dove la stagionalità e le alte temperature si sovrappongono spesso.

In definitiva, quella che per anni è stata una richiesta avanzata da sindacati e associazioni di categoria diventa ora realtà: se il caldo mette a rischio la salute, si può fermare il lavoro e tutelare i dipendenti. È un passo importante verso un mondo del lavoro più attento alle condizioni ambientali, soprattutto in un’epoca in cui i cambiamenti climatici rendono le estati sempre più estreme.