Nel cuore del Sannio sorge la PICCOLA PECHINO | Un luogo dal fascino secolare, aria di pace da sempre: i cittadini confermano

L’eremo di San Michele Arcangelo a Foglianise e lo Yonghe Gong, Tempio dei Lama, rappresentano due lati della stessa tensione spirituale
L’eremo sannita, scavato nella roccia del monte Caruso, ricorda i ritiri degli eremiti longobardi. Affonda le sue origini tra VII e IX secolo nella devozione micaelica, contaminata da elementi naturali come la grotta e la sorgente d’acqua limpida che sottolineano l’aspetto purificatorio del luogo
Nel tempo è stato ampliato da più livelli architettonici come gli affreschi seicenteschi del Beneventano Piperno, la campana del 1587 e l’altare consacrato da Vincenzo Maria Orsini
Fino al 1949 l’eremo fu abitato da un eremita, poi lasciato cadere in stato di abbandono a causa di guerra, terremoti e incuria. Lo Yonghe Gong, al contrario, nasce come residenza imperiale nel 1694, voluta dall’imperatore Kangxi per suo figlio Yongzheng. Nel 1722 la reggia fu trasformata in monastero buddhista tibetano. Poi è diventato il tempio lama più importante di Pechino e un simbolo di integrazione tra cultura cinese, mongola e tibetana
L’architettura presenta cortili successivi. Cinque in totale, culminanti nel Palazzo delle Diecimila Felicità, con gigantesca statua lignea di Maitreya alta 26 metri (8 sotto terra), scolpita da unico blocco di sandalo, simbolo di armonia tra arte, fede e potere
Evidenti differenze tra due luoghi correlati
Le differenze tra i due luoghi sono evidenti. L’eremo è essenzialmente luogo rupestre, di meditazione ascetica, quasi selvaggio nel contesto del Sannio; lo Yonghe Gong è tempio urbano, monumentale, espressione del legame tra sacro e potere politico. Eppure, entrambi condividono una stessa vocazione: essere ponte tra il terreno e il trascendente, incarnate testimonianze di dialogo tra tradizione e contemporaneità.
All’eremo, la presenza dell’acqua, la vista aperta sulla valle, l’originaria scelta isolata evocano una fede intima, diretta, senza barocchismi. A Pechino, lo sfarzo delle sale, la maestosità della statua del Buddha e lo spazio condiviso tra monaci e fedeli comunicano un influsso collettivo e diplomatico, una religione di Stato, simbolo di coesione imperiale.
Differenti architetture attraggono i turisti
In termini architettonici e simbolici, l’eremo è verticale, scalato in tre livelli verso la luce del cielo e dell’aria; il tempio tibetano è orizzontale, interconnesso, con i suoi cortili progressivi che simboleggiano un viaggio iniziatico. L’uno sorprende per la semplicità e l’isolamento; l’altro per la ricchezza e la commistione culturale.
Entrambi continuano ad attrarre fedeli e turisti. Pellegrini nei giorni sacri e visitatori curiosi. Portano in sé la forza di diventare simboli: dell’identità locale, della storia millenaria e della capacità dell’uomo di creare abbracci sacri tra cielo e terra — a prescindere dalle latitudini.